Che cos'è questo blog?

Per le mamme ma non solo.

Per chi ha bisogno di sentirsi in (pessima) compagnia.

Per sfogarsi.

Per sapere che alla fine, se così tante si lamentano, magari non siamo noi che non andiamo bene, ma forse ce l'hanno raccontata un po' troppo grossa all'inizio.

Come quando ti raccontano del principe azzurro e poi, quando ci vivi assieme, lo strozzeresti un giorno si e un giorno anche sto principe azzurro.

Allo stesso modo ci hanno infocchettato la storia della maternità con cuoricini e angioletti, ma quando ti ci ritrovi tutto questo straripare d'amore e sintonia tu non lo vedi, e ti senti sbagliata.

Non sei sbagliata. Sei una pessima_mamma in ottima_compagnia.


martedì 31 maggio 2011

Il pessimo parto di Napapiiri

A 7 mesi di gravidanza la mia topolina era podalica. Poco male, si girerà. A 8 mesi, uguale. A 9 ho
cominciato ad andare nel panico. Ho comprato la famosa moxa e mi sono messa d’impegno. Ero al
mare, e lì seduta in terrazza con la pancia enorme e questi cannoni puzzolenti non facevo sta gran bella
impressione.. fatto sta che nemmeno tutto l’impegno del mondo ha fatto sì che la topolina capriolasse.

“Signora, non c’è posto”, mi sono sentita rispondere quando sono andata a prenotare il cesareo, doveva
cadere proprio il giorno del mio compleanno e invece siamo slittate 4 giorni dopo. Altro panico: e se
vuole uscire prima? Non voleva. Ma la sera prima del grande giorno, ormai ricoverata in ospedale, al
monitoraggio avevo le contrazioni! E più ci pensavo, più le sentivo chiare.

La mattina dopo sperimento le gioie di partorire in una clinica universitaria. Una simpatica tirocinante
cerca di infilarmi la cannula nell’avambraccio e mi fa il traforo del Monte Bianco. Il braccio si gonfia come
un pallone in un attimo, aiuto, voglio Dr. House! Poi mi staccano tutto e mi spediscono fuori, perché
nel frattempo sono arrivate delle urgenze. Passo due ore in attesa, con mio marito, mia mamma e mia
suocera a chiacchierare e a chiedermi quando sarà il mio momento. Poi arriva. Mi chiamano per mettere
cannula e catetere e si avvicina la stessa tirocinante del braccio. Eh no! Stavolta non mi freghi! Deve avermi
riconosciuto perché chiama una collega più esperta, almeno stavolta tutto va via liscio.

Poi tutto come da copione, cuffia, “calzini”, anestesia spinale. Meno da copione: una mosca che svolazza in
sala operatoria. Ma non doveva essere un ambiente sterile?

All’improvviso ho un flash e realizzo che nel giro di pochissimo diventerò mamma, cambierà tutto, avrò
un esserino a cui badare e dai miei occhi cominciano a sgorgare le lacrime. L’anestesista preoccupato mi
chiede se va tutto bene, se sento dolore… no, solo emozione. Così prende un fazzoletto e mi asciuga le
lacrime. Più volte.

Ad un certo punto sento un vagito: è lei! Sono le 14.42 del 28 luglio 2009. Ma come mai stanno tutti zitti?
Nessuno che dice: eccola/congratulazioni/sta bene/è bella/è sana? Silenzio. In un nanosecondo mi prende
l’angoscia, ma il mio “angelo custode” di anestesista mi tranquillizza, è tutto ok. Allora ho solo visto troppe
puntate di Reparto Maternità, in cui tutti sono gentili e sorridono, mica come qui che mi hanno tagliato la
pancia senza nemmeno dire buongiorno o un semplice “iniziamo”.

Polemiche a parte, il primo contatto che ho con il mio fagottino è un guancia-guancia, io crocifissa sul letto
operatorio non la posso toccare con le mani, ma ho un tenerissimo ricordo di quell’incontro, una deliziosa
sensazione di caldo e morbido. Non posso dire di averla vista, appoggiata troppo vicino al mio viso, e
probabilmente avevo gli occhi colmi di lacrime, ma sentita sì. Fagottino mio.

Poi me la portano via e mi cuciono in un tempo infinito. Durante il quale qualcuno ha detto: “non tutte le
ciambelle vengono col buco” e io non ho avuto il coraggio di chiedere se si riferissero a me e a quello che
stavano facendo su di me. Spero che si riferissero solo all’ematoma che mi sono trovata sotto il taglio, e che
mi faceva ululare di dolore (e giù di Toradol!). La ferita fa male? E chi la sentiva? Era tutt’altra causa..

Però però… nonostante tutto… io ho un ricordo positivo. Mi chiedono come mi sono trovata in
quell’ospedale e rispondo “Bene”. Poi analizzo tutto e mi dico che poteva andare certamente meglio,
eppure non l’ho vissuto male. In fin dei conti il parto è solo un mezzo e non posso pensare di focalizzare la
mia attenzione su di esso e non sullo scopo: ora c’è lei.

mercoledì 25 maggio 2011

Il Pessimo Parto di Nensi

Il lato peggiore del mio carattere o forse il migliore,dipende dai punti di vista,è che quando inizio qualcosa non solo devo portarla a termine ma devo farla al meglio!

Così quando la mia primogenita iniziava a farmi vedere qualche barlume di luce (intorno ai 16/18  mesi...inferno la gravidanza /il parto /post parto...)ho deciso che tanto non l'avrei mai lasciata figlia unica (dal momento che io lo sono) e che o mi sbrigavo o non avrei più avuto propositi così insani...non avevo finito di dirlo a mio marito che vomitavo già... 


brava! complimenti! non ti è bastata la prima volta?....di colpo ho ricordato tutto ciò che la mia mente aveva rimosso! e adesso? adesso le cose andranno diversamente:non mi farò condizionare da nessuno!vivrò la mia gravidanza seguendo il mio cuore e non mi lascerò mettere alcun tipo di gel da nessuna parte e da nessuno...

Bè così è andata!Una gravidanza molto positiva ,paragonata alla precedente;quando è arrivato il momento conclusivo e sono partite le doglie vere ho guardato l'orologio ed erano le 22 circa(nello stesso ospedale della volta precedente ),mi sono detta:se devo andare avanti così 13 ore come l'altra volta io oggi  muoio! mentre torbidi pensieri ubriacavano la mia mente il mio corpo mi ha fatto avvertire delle spinte così molto incredula ho avvisato la giovane ostetrica che mi stava seguendo e lei ancora più stupita di me mi ha risposto che potevamo raggiungere la sala parto,naturalmente a piedi...in quel momento me la sarei  mangiata ...ma per fortuna data l'ora non c'erano molti spettatori nei corridoi...continuava a  ripetermi. "andiamo adagio e quando arriva la contrazione ti fermi"...non credo avesse figli! 

comunque ho raggiunto la meta e alle 11.55 il mio piccolo buddha è nato!


questo parto è stata la mia rivincita!la prima volta sono ritornata in camera in barella e non riuscivo neanche a vedere mia figlia..questa volta sono uscita sulle mie gambe e con il bambino in braccio! non che questo abbia fatto di me una madre migliore perche anche questa volta ho ricevuto 1000 "consigli non  richiesti".


Però voglio confermare a tutte che è veramente come lanciare una moneta se esce testa fai veloce se esce croce credi di morire!

Ma non pensate che questo mio parto idilliaco mi abbia preservato dalla paura di non essere all'altezza della situazione ,infatti la prima volta è vero che ne sono uscita distrutta però quando mia figlia mi ha guardato negli occhi per la prima volta io ho provato un sentimento di assoluto amore(sarà stata l'ossitocina) che non ho provato così forte con mio figlio...con lui c'è voluta qualche ora o giorno..forse quello che ti guadagni con più fatica poi lo apprezzi meglio...e così giù con i sensi di colpa...per fortuna l'amore vince sempre e così siamo tornati a casa in 4 tutti pronti a difendere la nostra famiglia dall'assalto dei parenti!!


 Adesso a distanza di anni cerco di ricordare solo i momenti belli e l'importante è che i miei figli mi trovino una mamma fantastica!Le ferite fisiche guariscono...quelle dell'animo sono più dolorose cerchiamo di non procurarcene troppe da sole!!!

Nensi...una pessimamma

martedì 10 maggio 2011

il racconto di Napapiiri

Anch’io con una montata lattea da urlo (letteralmente: avevo dolori lancinanti) sono riuscita a piangere, e
proprio sul latte versato!

Ho ricordi vaghi dei giorni in ospedale subito dopo la nascita di mia figlia, ma uno chiaro e lucido. Dopo
essermi fatta palpare le tette praticamente da tutto il personale del reparto, una sera mi sono ritrovata
attaccata ad una mungitrice, ops, tiralatte elettrico, per liberare il mio seno che rischiava di scoppiare.

Pop pop pop pop

Sono stata lì attaccata mezz’ora e ciò che ne ho cavato sono stati 10 ml di liquido giallo e denso. E i lividi sul
seno perché non bastava quel coso infernale, ci voleva anche l’aiuto dell’ostetrica per far uscire l’amato/
odiato latte.

Al termine dell’infelice seduta, mi hanno rispedito in camera con un biberon minuscolo, dicendo che
dovevo continuare a spremere, altrimenti avrei rischiato la mastite.

Così, all’una di notte, piangevo disperata per il dolore, la paura delle conseguenze e quel latte che non
voleva uscire. E piangevo perché avevo appena avuto una bellissima bambina, ma col cesareo. E piangevo
perché mio marito quel giorno non era venuto a trovarmi. Anzi, era venuto, ma solo 10 minuti e a me non
erano bastati.

Se avessi raccolto lacrime, in quel biberon, si sarebbe riempito molto velocemente.

Passato lo shock iniziale, ero una specie di dea dell’abbondanza che innaffiava di latte qualsiasi cosa
si trovasse a tiro. Giravo per casa con gli asciugamani addosso finchè ho pensato di dare un calcio ai
consigli ricevuti in ospedale e di usare finalmente le coppette assorbi latte, oggetto presentatomi dalle
ostetriche quasi come creatura del demonio. Alla dimissione avevo finito quelle che mi ero portata da
casa (e il marito aveva dimenticato di rifornirmi) e ho osato chiederne un paio al nido. Beh… sono dovuta
uscire dall’ospedale con due assorbenti nel reggiseno, perché “noi le sconsigliamo.. blabla… batteri…
blabla..infezioni… blabla”.

Io avevo smesso di piangere, e la mia bimba cominciava. Le coliche! Ecco! E’ colpa di quello che mangi tu
nutrice! Via i latticini, via l’insalata, via il pomodoro, via i legumi, poca frutta. Era Agosto e praticamente
mangiavo come in pieno inverno, vivevo di pasta in bianco e bistecca, anche perché il marito non è che
avesse delle gran doti di cuoco, e io avevo la piccola sanguisuga attaccata h24. Ho ricominciato a piangere,
fino a che il Mylicon ha asciugato le lacrime mie e della puffetta.

Lei, beata, a 4 mesi dormiva tutta la notte, ignara invece del fatto che io mi alzassi sempre tra le 3 e le 5 per
l’appuntamento notturno con il tiralatte, perché ne avevo talmente tanto che mi era impossibile restare a
letto con due borracce traboccanti sul petto, il dolore era insopportabile. E così pian piano pativo il sonno
ma riempivo il freezer. Ci ho messo quasi due mesi per far capire al mio corpo che di quel passo avrei
dovuto pagare la multa per le quote latte!!

Alla fine non è stata una passeggiata allattare, probabilmente sono stata fortunata, ma garantisco che ho
combattuto con i denti contro chi insinuava il dubbio che il mio latte non fosse nutriente (quando la piccina
piangeva per le coliche e non per fame), o contro il marito che vedendomi stremata mi diceva: se ti pesa
smetti, usiamo il biberon, invece di dirmi una parola tenera di incoraggiamento, che avrei sicuramente
gradito di più. Mi sentivo ferita, accusata di debolezza, io avevo la grazia di avere latte e lui mi proponeva di
smettere per comodo.. non avrei mai potuto.

Così, agguerrita, ho allattato fino agli 11 mesi di mia figlia, e da un giorno all’altro abbiamo smesso. Senza
compromessi, senza quasi che se ne accorgesse. Senza che mai in seguito mi chiedesse un’altra poppata.

In tutta questa storia, forse è la cosa che mi ha più lasciata a bocca aperta.

venerdì 6 maggio 2011

L’allattamento secondo giuppy

“Voi sarete il frigorifero del vostro bambino”

La mia esperienza di allattamento è iniziata con questa frase-bomba sentita al corso preparto, quando ancora l’essere mamma era solo un’idea fumosa e lontana. Ricordo perfettamente la faccia sadica dell’ostetrica mentre ci parlava: “Dovrete dimenticarvi di fare qualsiasi cosa durante i primi mesi: allattamento a richiesta significa disponibilità a tutte le ore”. Un frigorifero, appunto. O un frigobar, per le più cool.

Io avevo letto “Il linguaggio segreto dei neonati” di Tracy Hogg, e avevo quindi un’idea diversa dell’allattamento, un po’ più regolabile e prevedibile, ed ero molto decisa a non diventare il frigorifero di nessuno. Per mia fortuna, in ospedale l’impatto con l’allattamento è stato buono: credo di aver mostrato a 20 infermiere le mie tette (con attaccata l’annessa infante ciucciante) chiedendo continuamente “Va bene così? Si attacca giusta?” e ho avuto incoraggiamenti, suggerimenti, parole di fiducia. Ho studiato per tre giorni il colore dei rigurgitini di mia figlia per capire se si trattasse di colostro o di chissà quale altra sostanza ignota che immaginavo potesse fuoriuscire dal mio seno… Ma siamo sopravvissute, e siamo arrivate a casa.

Ecco, a casa.

Elisabetta, la mia bambina, si è da subito attaccata bene al seno, e poche volte al giorno. Sento già il coro di “BEAAAAATA!!!!”. Sì, bello, ma in realtà la piccola sanguisuga stava attaccata al mio seno anche un’ora, un’ora e mezza. Poi magari per 4 ore non chiedeva nulla, ma quelle poppate interminabili erano davvero pesanti per me, soprattutto perché ho iniziato subito a sentirmi spompata, senza energie, addirittura appena la attaccavo al seno mi si annebbiava la vista. Ho avuto immediatamente la sensazione che non ci fosse molta poesia nell’allattamento, anzi….

Durante la prima visita, la pediatra mi ha consegnato un foglio con gli alimenti che non potevo mangiare durante l’allattamento: giuro, me li ricordo tutti a memoria anche ora, in particolare la frutta: no albicocche, pesche, fragole, ciliegie. Volevo morire: mi faccio l’inverno con il pancione e una voglia incontenibile di albicocche e pesche (trovatele a febbraio!!!!!), a maggio partorisco anelando una bella pesca matura e invece… zero. Mele e pere forever.

Poi arrivano le coliche e in ospedale mi dicono: zero latte e derivati, “signora mangi tanto minestrone!!”.

Qualcuno tra voi ha provato a mangiare il minestrone ad agosto??

Passi per l’alimentazione triste, passi per la stanchezza cronica e la sensazione di essere “risucchiata” da un esserino di quattro chili, ma a settembre le cose hanno iniziato a mettersi male: io ho sempre avuto l’impressione che uno dei miei seni funzionasse meno dell’altro, malgrado attaccassi Elisabetta a entrambi, ma a settembre la situazione ha cominciato a farsi più marcata, soprattutto verso sera il senso di “seno vuoto” era forte. Elisabetta ha cominciato a non crescere più e a dormire moltissimo, saltando i pasti: la pediatra mi ha spiegato che questo è un modo che i bimbi mettono in atto quando sono stanchi di chiedere senza essere soddisfatti, semplicemente dormono e non chiedono più. E mi ha prescritto di aggiungere del latte artificiale ad ogni pasto, attribuendo il calo di latte allo stress.  Lo stress: la soluzione di tutti i mali senza altra causa. Sarà stato anche lo stress, ma io sono convinta che qualcosa non ha mai funzionato bene nel mio seno, senza nessuna responsabilità né mia né di mia figlia.

Ma inizialmente ho passato giorni attanagliata dai sensi di colpa, a cercare di capire cosa avevo sbagliato, perché non mi ero impegnata abbastanza, cosa non funzionava più in me….

Vi dirò, nel giro di 3 giorni mi è passata. Giusto il tempo di capire che Elisabetta ricominciava la sua crescita costante, giusto il tempo di capire quanto fosse comodo il latte artificiale e anche quanta voglia avessi di iniziare lo svezzamento e di eliminare tettarelle e sterilizzatori.

Ho continuato ad allattare Elisabetta solo al mattino fino a novembre, poi ho deciso (da sola) che avevo fatto abbastanza, e che ne avevo abbastanza. E sono proprio contenta, sia di aver fatto quello che potevo, sia  di avere smesso quando non ne potevo più. Orgogliosa di non essermi sentita il frigorifero di nessuno, ma una mamma in carne e ossa.

Giuppy di http://evabenecosi.blogspot.com/

mercoledì 4 maggio 2011

la Storia di Ohmamma

Ciao a tutte, anche io sono una mamma non allattatrice.
 Io ho sempre saputo che non sarei riuscita ad allattare, me lo sentivo. Forse perchè ho un seno molto piccolo, forse perchè anche mia mamma e una delle mie sorelle non avevano latte, lo sapevo. Il Padawan è nato tre settimane in anticipo e io non ero pronta. Aveva la bilirubina alta e quindi doveva stare tutto il tempo sotto le lampade UV e quando me lo portavano urlante crollava addormentato e ciucciava poco. Io non riuscivo ad attaccarlo correttaente o forse lui non riusciva, fatto sta, che non solo tirava pochissimo, ma mi sono venute delle terribili ragadi sanguinanti. Tutte le ostetriche e le puericultrici dicevano: insista, il latte verrà. Ma non è venuto. In ospedale ero tranquilla, ero certa che gli dessero qualcosa, anche se non lo dicevano. Quando sono stata a casa, con quel cosino urlante, incapace di dargli il nutrimento, mi sono sentita un fallimento, una disgraziata. Fortunatamente ho trovato una pediatra, che mi ha subito dato il latte artificiale da aggiungere. Io però continuavo a insistere anche con il seno, con doppie pesate e aggiunte. Ma continuavano anche le ragadi, un giorno ho visto, che nella bocca di mio figlio invece del mio latte, c'era il mio sangue e allora ho detto basta! Il latte è un nutrimento, un insieme di acqua, vitamine, proteine e grassi. Sono elementi chimici, si possono fare artificialmente. Sono passata al biberon e siamo stati tutti e due benone. Il Padawan mangiava tutto in  pochi minuti, dormiva e stava bene e questo è quello che conta. Per la completezza, con la Principessa ho preparato il seno prima e non ho avuto ragadi, l'ho allattata per un mese e poi il latte ha cominciato ad andarsene e prima dei tre mesi era anche lei a biberon. Sì lo so, gli anticorpi della mamma, ma se li sono fatti ugualmente. Il rapporto, l'intimità, ma il biberon mica glielo da un robot, no? Certo allattare è bellissimo e sono contenta di avere provato questa esperienza, ma non bisogna dimenticare, che lo scopo primario del'allattamento è nutrire il bambino, cosa che fa anche il latte artificiale. In più è una cosa che dura pochi mesi (chi allatta per anni, per me è un po' morbosa), vediamolo in proporzione alla vita di una persona. Sulle riviste si parla solo di gravidanza e allattamento, poi quando il bambino è svezzato ... troviamogli un buon nido e via. Ma essere mamma, una buona mamma, non finisce con il latte, è un lavoro che dura una vita. Io sono cresciuta a latte artificiale, sana e forte e mi sono sempre sentita amatissima, non mi è mai mancato di non essere stata allattata. 
Allattare o no è spesso un problema per le mamme, ma non per i bambini.