Intanto iniziavano ad essere incessanti i commenti del parentado e degli "amici" (chiamamoli così...): "allora, adesso ci vuole un bambino!" (proprio come quando stavamo insieme da un mese e ci chiedevano "allora, quando vi sposate?"). Di tanto in tanto mi arrivava all'orecchio qualche commento di mia cognata, tipo "Ah, se solo avessi saputo che sarei rimasta incinta subito avrei aspettato...", che se pur non rivolto a me andava a colpire dritto dritto lì dove mi faceva più male.
Dopo un bel giro di eco- radio- sono-grafie di vario genere, polverine magiche al maritino di non meglio specificata provenienza (comunque per lo meno comprate in farmacia, non su internet), la svolta me l'hanno data le dimissioni da un posto di lavoro mal sopportato. Sarà stata questa nuova serenità, ma esattamente 15 giorni dopo le dimissioni, dopo 18 mesi di tentativi falliti, il 19esimo è andato a buon fine, ed è arrivata la Pupattola.
E insieme a lei mille dubbi: sarei stata una brava madre, sarei stata in grado..., avrei saputo..., avrei imparato...? Quando è nata la Pupattola, dopo le ore di travaglio, le contrazioni, i dolori, e nonostante una beata e santificata epidurale, la prima cosa che ho pensato quando me l'hanno avvicinata è stata "...oddio, subito così? pensateci voi, eh, che io mo' sono un tantino stanca...".
Da quel momento, per i quattro mesi successivi, è stato tutto un unico e continuo senso di colpa. Perchè dovevo allattarla ad orario, ma no dovevo allattarla a richiesta. E dovevo lasciarla piangere, ma no non si fanno piangere i bambini. E dovevo tenerla in braccio, ma no che poi se no prende il vizio. E dobbiamo applicare il metodo Estivill, ma no che poi si traumatizza. Eccetera, eccetera, eccetera.
La crisi più grossa era quella che insorgeva a pochi minuti dalla poppata: un'ansia paragonabile a quella del dentista-ginecologo-
Insomma, ogni volta un sacco di menate, pre- e post-ruttino e cambio del pannolino, a ciclo continuo ogni due ore. Dopo meno di un mese ero sull'orlo di una crisi di nervi. Sì, perchè comunque decidessi di fare, qualsiasi cosa ritenessi più opportuna, andassero le cose come andassero, era comunque COLPA mia. Anche se la bambina stava benissimo e cresceva come la gramigna.
Ricordo come fosse oggi il giorno che ha cambiato la mia vita. Una chiacchierata con la cognata (sì, quella che andava lamentando l'estrema capacità di tiro con l'arco degli spermatozoi del marito), durante la quale, davanti ai miei ennesimi "ma se gliene do troppo/ma se gliene do poco" mi ha detto: "Senti un po'? Ma la mamma sei o non sei tu? E chi meglio di te può sapere cosa è meglio per tua figlia? Ti sembra che abbia fame? e DAGLI DA MANGIARE a 'sta creatura! E grazie al cielo che c'è il biberon!". Fu il momento dell'EMPOWERMENT. La mia vita nelle mie mani. Io so, io posso. Superman, goldrake e mazingazeta mi facevano un baffo. Ero io che decidevo, per il mio bene e per il suo. La mia sanità mentale ed il suo stomaco prontamente ringraziarono. Le davo comunque la poppata, ma non lesinavo il latte in polvere: ne facevo una bella 90ml e quel che le andava ciucciava. Pace e serenità.
Dopo tre mesi la Pupattola, all'avvicinarsi della tetta, urlava come una pazza, e si leggeva chiaramente nel suo sguardo "dov'è-il-mio-biberon?". Per continuare il più a lungo possibile a darle il latte materno, cercavo di metterle il mio latte nel bibe, ma ormai non ce n'era davvero più. La mia missione di latteria ambulante era (grazieaddio!) finita. E con lei, tutte le mie disavventure.
Ora, quando sento dire che allattare è la cosa più naturale del mondo, mi fermo e osservo: se è un uomo o una donna senza figli li mando direttamente a fanc***, in tutti gli altri casi sospiro e penso che quando si è fortunati bisognerebbe avere il buon senso di non frustrare gli altri con l'esaltazione della propria fortuna.
Ciao, e grazie
Aprovadimamma
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